I “boce” sulla Stracaganase

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Chiamo Lorenzo. Sono le cinque e mezza e dovrebbe aver finito di lavorare.

È venerdì, sono tornato da poche ore e alla svelta dall’università per sistemare delle cose a casa e poter avere totalmente libero il giorno successivo. Tuttavia mi è balenata un’altra idea; ho voglia di rintanarmi tranquillo in un po’ di “selvaggiume terapeutico”.

Per fortuna Lorenzo mi risponde subito, e deciso gli dico che partiamo la sera stessa e che bivaccheremo fuori. So che non rifiuterà; la montagna la viviamo allo stesso modo, intimamente e alla ricerca di avventura.

Sono i primi di novembre e la Valscura si presta bene a questa stagione; bassa quota, esposta a sud, vie relativamnete corte eppure il tutto di gran calibro alpinistico.

Decidiamo di trovarci alle sette e mezza e, fatti gli zaini, partiamo. Il sentiero lo conosciamo bene dato che due settimane prima avevamo tentato la stessa via. Da fessi avevamo sbagliato l’attacco; quanta amarezza.

La sera è umida, è gia calata la notte e la luna piena tenta di farsi largo tra le nuvole e la nebbia.

Seppure il clima sia fresco sudiamo e risudiamo arrancando lungo l’eterno sentiero, non aspettando altro di trovare il ruscello dove abbiamo stabilito di concederci una pausa.

Finalmente arriviamo, mettiamo giù gli zaini e ci dissetiamo riempiendo poi le borracce arse.

Riprendiamo il sentiero, manca poco, la parete è di fatto sopra le nostre teste. All’improvviso cala la nebbia, fitta, densa, tanto da non farci vedere più a un palmo dal naso, come si suol dire.

Così dobbiamo procedere a memoria facendo mente locale per ricordare il sentiero o altri segnali particolari. Ecco, crediamo di esserci, la pendenza del sentiero diminuisce, siamo quasi al passo forca. Ricordiamo un masso liscio dove qualche settimana prima ci eravamo fermati a osservare la parete; è il momento di tagliare. Lo facciamo totalmente a caso fidandoci del nostro istinto e andando a tentoni. Poco dopo arriviamo sotto la parete e ci prepariamo per la notte. Cerchiamo un punto più comodo possibile, stendiamo il sacco a pelo e condividiamo la cena. Io sono disteso in discesa, Lorenzo è schiacciato su un sasso ma tutto sommato stiamo bene, tranquilli e in pace con il cielo sopra il naso.

L’alba ci sveglia bussando ai nostri occhi. La nebbia si è dissolta e immancabilmente ci rivela un comodissimo terrazzo erboso e pianeggiante a venti metri di distanza da noi, perfetto per bivaccare. Ironizzando sull’accaduto, arriviamo in breve all’attacco.

Lorenzo parte, fa il primo tiro di facile ma non scontato traverso e arriva alla comoda sosta sotto il rinomato grande tetto. Fa un po’ impressione. La fessura è evidente e si vedono due chiodi appena prima dell’atletica uscita. Sembra buona e racimolato il materiale parto convinto. L’unico dettaglio è che gli appoggi per i piedi sono decisamente scarsi. Piazzo il primo friend e decido di continuare svelto e senza titubanze fino al primo chiodo, altrimenti volando mi tocca ripartire. Gli appoggi si dissolvono sempre più e decido di fermarmi sull’ottimo chiodo per guardare l’uscita. Studiato bene il passaggio metto il pensiero in pratica; spalmo bene i piedi, mi allungo fuori a destra dove la mano trova un bellissimo appiglio, raccolgo i piedi e sono fuori. Ora mi aspetta un fantastico diedro e poi arrivo in sosta. Roccia stupenda liscia e compatta sono state la costante di questo tiro. Adesso tocca a Lorenzo che, fatta la sosta e recuperata la corda, parte. Il tetto gli piace così tanto che decide di farlo un’altra volta; arrivato a metà tetto, vola, e l’allungamento della corda lo fa ritrovare nel bel mezzo della sottostante placca levigata. Da buona persona ostinata si fa calare fino in cengia e riparte.

Poco dopo arriva anche lui in sosta e entusiasti commentiamo il tiro.

Recuperato il fiato è il suo turno, e con la solita spensieratezza parte. Si trova tra le mani un altro bel tiro con un passaggio sbilanciante in traverso di un deciso V+.

Segue un’altra stupenda lunghezza con una non banale partenza strapiombante, e gli ultimi facili tiri che portano in cima.

Bravi Oldino e gli altri.

Siamo contenti, siamo soddisfatti, abbiamo fatto tutto al meglio rimediando alla batosta di due settimane prima. Ora ci prepariamo per la comoda discesa e il sentiero di ritorno, pensando già alla prossima avventura in Valscura.